Torino, 27 luglio 2022. Gli attivisti dei Fridays for future bloccano l’accesso alla tangenziale nord. (Stefano Guidi, Getty Images)

C’è uno squilibrio nella campagna elettorale in corso. I partiti fanno propaganda nelle settimane in cui la crisi climatica si manifesta nel modo più evidente, eppure il tema non è oggetto di dibattito.

Mentre il bacino padano è attanagliato dalla siccità, i politici parlano di alleanze e strategie. Mentre il mar Mediterraneo registra una temperatura di 5 gradi più alta della media stagionale, i leader sono impegnati a negoziare sulla composizione dei collegi elettorali.

È come se la classe politica avesse rinunciato al compito di interpretare i problemi e proporre soluzioni. È come se i parlamentari avessero deciso di ballare al ritmo dell’orchestra del Titanic distogliendo lo sguardo dall’iceberg che si avvicina.

Perché la siccità che oggi colpisce il bacino padano non è un’anomalia, ma il frutto di una tendenza che ormai possiamo definire la nuova normalità. Perché se il mare si scalda a questa velocità, vuol dire che cambia la composizione della fauna e della flora acquatica. Perché se i ghiacciai si ritirano, significa che viene a mancare una riserva di acqua fossile che c’è sempre stata e che viene usata in pianura per gli usi più disparati.

Tutti questi aspetti riguardano la vita quotidiana di tutti noi e dovrebbero essere le priorità della politica. A occuparsene sono invece i movimenti e gli attivisti, come quelli che si sono riuniti a Torino questa settimana per il Climate social camp, il campo internazionale dei Fridays for future.

Ragazzi e ragazze provenienti da tutta Europa e anche dal sud del mondo si sono confrontati sull’emergenza ambientale. Hanno immaginato soluzioni, nuovi modelli di sviluppo, rovesciamento di paradigmi produttivi. Hanno, insomma, fatto politica.

Stupisce che nessuno tra quanti aspirano a essere eletti in parlamento abbia avuto la curiosità di andare a dare un’occhiata, di mettersi in ascolto, di confrontarsi. La crisi che stiamo attraversando richiede proprio questo: una classe politica che presti attenzione a quanto sta succedendo, che ascolti le richieste della società civile e che immagini soluzioni anche radicali, senza minimizzare la portata della crisi che stiamo attraversando. Se non lo farà, l’impatto con l’iceberg potrebbe rivelarsi particolarmente doloroso.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it