La complessità delle funzioni del cervello continua a sorprendere e rispecchia la profonda eterogeneità che caratterizza i neuroni di cui è fatto. La corteccia cerebrale, in particolare, è composta da un’incredibile diversità di neuroni, organizzati in complesse reti neurali, che rappresentano il substrato dei nostri comportamenti, da quelli più semplici e innati a quelli più sofisticati e propriamente umani.

La corteccia può essere paragonata a un’orchestra sinfonica con numerosissimi strumenti in cui ogni elemento (neurone) conosce perfettamente il proprio compito e sa ascoltare, seguire e suonare insieme agli altri per raggiungere una perfezione armonica e temporale.

Solo negli ultimi vent’anni abbiamo cominciato a esplorare il concetto di diversità: inizialmente considerati tutti più o meno equivalenti tra loro, i neuroni corticali in realtà presentano importanti differenze, che emergono già nelle fasi prima della nascita, e la loro diversità va intesa come valore aggiunto da approfondire.

Il fatto che la popolazione neurale offra un repertorio eterogeneo di elementi nell’orchestra-corteccia la rende più versatile e più incline a fornire risposte variabili agli stimoli a cui è sottoposta.

Nel laboratorio che dirigo presso l’Humanitas University studiamo i princìpi che regolano la diversità neuronale e la sua rilevanza nel funzionamento dei circuiti. Ma a monte della diversità si nasconde un concetto ancor più ampio e complesso: quello di identità. Quali elementi caratterizzano i vari sottotipi di neuroni? Cosa li distingue l’uno dall’altro?

Così come ogni persona è caratterizzata da un insieme di aspetti che la identificano in modo univoco, allo stesso modo ogni neurone ha un suo specifico comportamento (attività elettrica), una sua carta di identità molecolare (trascrittoma), un suo target di connessioni (il suo social network): all’intersezione di tutti questi tratti, e altri, si trova la sua identità, unica e distinta.

Il nostro obiettivo è creare mappe precise, atlanti che consentano di classificare i neuroni sulla base dei loro elementi caratterizzanti e interpretare le loro relazioni con le altre cellule. L’impresa non è affatto banale: questa vastità si compone di svariati miliardi di cellule.

Una svolta, in quest’ambito delle neuroscienze, si è avuta grazie alle nuove tecnologie omiche, che ci permettono di catturare l’identità molecolare di migliaia di neuroni e, in buona parte, anche la loro localizzazione, con chi comunicano e quali funzioni svolgono.

La strada per eseguire la mappatura in modo esaustivo è ancora lunga, ma percorrerla è essenziale, anche per aiutarci a interpretare la vulnerabilità a malattie neurologiche e neurodegenerative dei neuroni, e il loro ruolo in diversi comportamenti.

Su queste tecnologie con risoluzione “a singola cellula” si basano anche i nostri più recenti studi focalizzati sull’attività spontanea dei neuroni, quella generata in assenza di stimoli sensoriali (rumore o luce).

A lungo considerata al pari di un rumore di fondo, ora invece sappiamo che un’attività spontanea esiste anche nella vita prenatale, e che consente ai neuroni di dialogare tra loro e trasferire informazioni importanti che sembrerebbero influenzare in modo determinante la corretta formazione dei circuiti.

Rimane ancora da scoprire come questa attività spontanea sia generata, e se neuroni speciali, detti “pacemaker”, esistano e svolgano il ruolo di direttore d’orchestra per dettare il ritmo iniziale a questa precocissima sinfonia. Se riuscissimo a identificare i neuroni pacemakers potremmo forse riuscire, preservandoli, a ristabilire un ordine anche in condizioni patologiche legate al neurosviluppo.

Simona Lodato è a capo del laboratorio di neurosviluppo e docente di istologia ed embriologia presso l’Humanitas University.

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