Il 28 ottobre 2022 ricorre il centenario della marcia su Roma. La mobilitazione armata delle “squadre d’azione” paramilitari, attive fin dal 1919, è una delle componenti di rilievo del processo che condusse alla nomina di Benito Mussolini alla presidenza del consiglio (31 ottobre 1922), anche se non l’unica.

Come documentano le tante ricerche che ne hanno indagato le dinamiche, le origini del fascismo sono un fenomeno complesso, in cui si intrecciano il clima di instabilità che seguì al primo conflitto mondiale (1914-1918), la crisi delle istituzioni e delle organizzazioni partitiche dell’Italia liberale e, non da ultimo, la loro difficoltà a comprendere e a misurarsi con la violenza politica del movimento guidato dal futuro duce.

La conquista del potere fu oggetto di un intenso lavoro di rivisitazione da parte del regime fascista, che nel corso degli anni riuscì a convertirla da celebrazione di partito in festività di stato. Tra le iniziative che concorsero a costruire il mito della marcia, spicca la Mostra della rivoluzione fascista inaugurata al Palazzo delle esposizioni di Roma in occasione del decennale (28 ottobre 1932).

Il suo allestimento sperimentale, realizzato dai principali artisti e architetti modernisti dell’epoca, aveva il compito di impressionare e coinvolgere i visitatori, chiamati a immergersi nel clima del periodo compreso tra lo scoppio della grande guerra e l’inizio dell’era fascista attraverso uno spazio espositivo fatto di controsoffitti, tramezzi, installazioni plastiche, effetti luminosi, fotomontaggi, documenti e cimeli.

Le riproduzioni fotografiche delle venticinque sale della manifestazione – conservate presso l’Archivio centrale dello stato e consultabili online – trasmettono ancora la modernità dello stile prescelto e la sua aderenza ai princìpi della nuova politica fascista. Una politica che aspirò a parlare alle masse mobilitando i simboli e le liturgie, uscendo dalle aule parlamentari, irrompendo nelle strade e nelle piazze, affidandosi all’energia e alla potenza comunicativa delle immagini.

Dalla mostra, secondo le intenzioni degli organizzatori, il pubblico sarebbe uscito trasformato: rigenerato dalla messa in scena della rivoluzione e partecipe della sua vittoria, anche se non ne era stato direttamente attore.

I circa quattro milioni di biglietti venduti nei due anni di apertura testimoniano il successo dell’evento, che venne promosso in Italia e all’estero attraverso un vero e proprio circuito turistico: pubblicità, sconti, agevolazioni ferroviarie e navali, oltre alle visite imposte ai membri delle organizzazioni controllate dal Partito nazionale fascista.

Riproposta in due edizioni successive, nel 1937 e nel 1942, la mostra accompagnò per intero l’opera di costruzione del consenso. Essa fornì al regime uno straordinario dispositivo di visualizzazione del passato fascista convertito in episodio fondativo della storia di tutta la nazione.

Maddalena Carli è professoressa associata di storia contemporanea presso l’Università degli studi di Teramo.

M. Carli, Vedere il fascismo. Arte e politica nelle esposizioni del regime (1928-1942), Carocci 2021

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it