Amatrice alcuni giorni dopo il terremoto, il 30 agosto 2016. (Stefano Montesi, Corbis/Getty)

L’Italia è uno dei paesi del Mediterraneo a più alto rischio sismico. Secondo il dipartimento della protezione civile, dal 1900 in Italia sono stati registrati sette terremoti di magnitudo uguale o superiore a 6,5 della scala Richter.

I terremoti più noti e disastrosi della storia italiana moderna si sono verificati in Val di Noto nel 1693, in Calabria nel 1783 e a Messina nel 1908, più recentemente in Irpinia nel 1980, all’Aquila nel 2009, in Emilia-Romagna nel 2012 e ad Amatrice-Accumuli-Norcia nel 2016. Questi ultimi eventi devastanti hanno ucciso più di 3.600 persone, e hanno causato notevoli danni economici stimati in circa ottanta miliardi di euro.

Nel 2019 il Centro di ricerca e formazione in medicina dei disastri, assistenza umanitaria e salute globale (Crimedim) dell’università del Piemonte orientale ha pubblicato uno studio sulla percezione del rischio della popolazione italiana verso un eventuale terremoto e ha analizzato il relativo impatto sui comportamenti di prevenzione e preparazione delle persone. È stato distribuito un questionario a 1.093 partecipanti provenienti da contesti sociodemografici diversi in tutte le regioni d’Italia.

I risultati ottenuti hanno mostrato che la popolazione percepisce come improbabile l’eventualità che si verifichino terremoti, ma anche che, se dovessero succedere, l’opinione più diffusa è che si tratterebbe di eventi molto gravi e devastanti. Inoltre lo studio ha suggerito un livello medio di preparazione ai terremoti.

Alcuni accorgimenti in ambito domestico sono adottati più frequentemente rispetto ad altri. Per esempio, la maggioranza dei partecipanti ha riferito di avere una torcia e di conoscere la posizione dei principali rubinetti del gas e dell’acqua (84 per cento). Al contrario, le azioni specifiche relative alla prevenzione, come la messa in sicurezza dei pensili, quadri e specchi sono riportate in percentuali molto basse (30 per cento). Dalla ricerca emerge inoltre un dato interessante: coloro che pensano che prepararsi alle emergenze sia una propria responsabilità si informano e si preparano in modo efficace, tuttavia, solo una piccola parte dei partecipanti (8 per cento) si assume questa responsabilità, mentre la maggior parte degli intervistati (60 per cento) tende a delegare il compito allo stato e in particolare alla protezione civile.

I risultati di questo studio mettono in luce un importante fenomeno psicologico che sta emergendo non solo in Italia, ma nelle ricerche in tutto il mondo. I decisori politici sembrano ignorare che alle persone non piace pensare quotidianamente alle emergenze e ai disastri. Gli esseri umani hanno meccanismi intrinseci destinati a consentirgli di utilizzare la negazione come strategia adattativa per meglio affrontare le situazioni difficili.

Partendo da questo assunto, è improbabile che il semplice tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica abbia un effetto sul miglioramento della preparazione ai disastri. È necessario quindi pensare fuori dagli schemi e proporre una comunicazione del rischio innovativa che possa motivare le persone ad agire per ridurre il rischio derivante dai disastri naturali e causati dall’essere umano.

Luca Ragazzoni è coordinatore scientifico del Centro di ricerca e formazione in medicina dei disastri, assistenza umanitaria e salute globale (Crimedim) dell’università del Piemonte orientale

L. Ragazzoni et al., Threat perception and public preparedness for earthquakes in Italy, Prehospital and Disaster Medicine (2019)

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