Ancora nel giugno 1942, mentre nella sua Amsterdam la Gestapo setaccia i quartieri abitati da ebrei, Carla Simons, 39 anni, scrittrice e traduttrice, compagna dell’italiano Romano Guarnieri, annota nelle pagine del diario: “Hedda mi ha detto: ‘Mai dimenticare quello che ci hanno fatto, mai perdonare’. Ma io non voglio, come potrei continuare a vivere con un costante senso di vendetta e di collera? È per questo che ho letto Dostoevskij?”.

Il diario di Simons, poco più di un centinaio di pagine (ora pubblicato dalle Edizioni di Storia e Letteratura con il titolo La luce danza irrequieta, a cura di Francesca Barresi, che insieme a Lisa Visani Bianchini l’ha anche tradotto dall’olandese), racconta l’inesorabile discesa verso la tragedia di una donna che, finché le è possibile, cerca in ogni angolo della sua giornata e di quel mondo che va in pezzi qualcosa che la tenga viva, sia essa la musica o la lettura, siano i boccioli di lillà che annunciano la primavera, sia, appunto, il desiderio di mantenere intatta la propria umanità, mentre fuori avanza lo sterminio. “A volte il sentimento della vita mi inonda con tale intensità che quasi penso di soccombere a esso”, scrive nel marzo 1942, e sembra si stia rispecchiando nella stessa potente vitalità di un’altra ebrea olandese, Etty Hillesum, anche lei autrice di un celebre Diario.

Carla Simons, cittadina olandese di famiglia ebraica, viene arrestata il 3 agosto 1943. Ma grazie ai rapporti che Guarnieri ha intessuto con i diplomatici italiani, viene liberata il giorno successivo. Il piano prevede che lei possa trasferirsi in Italia. Un mese dopo, però, la Gestapo la preleva di nuovo. L’ordine di cattura reca la firma personale di Adolf Eichmann, il principale stratega dello sterminio, condannato a morte in Israele nel 1962. Simons muore ad Auschwitz il 19 novembre 1943.

Due donne simili

Il diario di Simons era inedito in Italia. Nel 1945 una copia giunge alla Contact, la casa editrice di Amsterdam che avrebbe poi pubblicato il Diario di Anne Frank. Nonostante fosse nei programmi, però, il testo di Simons non vide mai la luce. La prima edizione arriva nel 2014, è in lingua olandese ed è patrocinata da eredi dei Simons trasferiti negli Stati Uniti. Un’altra copia viene rinvenuta fra le carte di Romana Guarnieri, figlia del primo matrimonio di Romano Guarnieri, custodite presso l’istituto Veritatis Splendor della fondazione Lercaro di Bologna. È presumibile che Romana Guarnieri sia entrata in possesso del diario dopo la morte di suo padre, nel 1955, ma, aggiunge Francesca Barresi, “l’ha letto solo un mese di prima di morire, nel dicembre del 2004, ha appuntato alcune note e su un post-it ha aggiunto: ‘Bellissimo! Da pubblicare anche in Italia’”.

Carla e Romana sono due donne simili, a loro modo, per l’intensa cultura e la spiritualità. Le vicende familiari, oltre al sanguinario novecento, le hanno divise, salvo poi, alla fine, ricongiungerle. Guarnieri è figura di primo piano della cultura cattolica. Storica dell’età medievale, studiosa di letteratura olandese, è stata la principale collaboratrice di don Giuseppe De Luca, il sacerdote che ha relazioni con Benedetto Croce e Giovanni Papini, e, dopo la guerra, con Alcide De Gasperi e con i comunisti Palmiro Togliatti e Franco Rodano. De Luca è fondatore dell’Archivio italiano per la storia della pietà, di cui Guarnieri diventa direttrice dal 1962, alla morte del sacerdote. Nel 1941 Guarnieri collabora alla nascita delle Edizioni di storia e letteratura, promossa sempre da don Giuseppe De Luca.

A sinistra: Carla Simons in piazza san Marco a Venezia nel 1939 (Collezione museo storico
ebraico di Amsterdam). A destra: Carla Simons in uno scatto del fotografo Godfried de Groot a Bologna, probabilmente fine anni venti. (Archivio fondo Romana Guarnieri, Istituto Veritatis Splendor, Bologna).

Non è stato semplice per Romana Guarnieri, racconta Barresi, affrontare la lettura del diario scritto dalla donna che era stata compagna del padre dopo la separazione da sua madre, la pittrice olandese Iete van Beuge. Romano Guarnieri, classe 1883, personalità effervescente, prima nazionalista e futurista, poi pacifista, giunge in Olanda nel 1907 e successivamente vi si stabilisce, sposa Iete e prende a insegnare letteratura italiana in diverse università. Naufragato il matrimonio, conosce Carla, sua allieva più giovane di vent’anni e nel 1927 comincia la loro convivenza. Romana, intanto, ha seguito in Italia la madre, che sposa l’architetto Gaetano Minnucci.

Carla ha all’attivo un romanzo, Voorspel (Preludio), pubblicato nel 1926 e altri ne seguiranno, oltre a libri per bambini e alla traduzione dall’inglese e dall’italiano. Due anni dopo la morte, nel 1945, uscirà la sua versione olandese di Piccolo mondo antico di Antonio Fogazzaro. Durante gli anni trenta Carla e Romano compiono molti viaggi in Italia, raggiungono Venezia, Perugia, la costiera amalfitana. Carla approfondisce la conoscenza della lingua, legge e rilegge Dante (che citerà più volte nel diario), visita chiese e musei.

Romano Guarnieri ha avuto simpatie fasciste, ma dalla guerra in Etiopia e dopo le leggi razziste del 1938 matura l’opposizione al regime. Nei Paesi Bassi conserva però buoni rapporti con gli ambienti della diplomazia italiana, che sfrutterà anche durante l’occupazione del paese da parte delle truppe naziste fino a ottenere, anche se solo per un giorno, la liberazione di Carla. Ma – è questa l’ipotesi avanzata da Francesca Barresi nell’agosto 1943 a Roma è appena caduto il fascismo, Mussolini è stato arrestato e la labile forma di immunità viene meno di fronte alla feroce volontà di Eichmann in persona. Romano Guarnieri, aggiunge Barresi, avrà la conferma che Carla Simons è morta nel lager solo nel 1946.

La deriva è inarrestabile

Il diario di Carla Simons copre il periodo dal gennaio 1942 al maggio 1943. Mette insieme riflessioni e cronache in forma quasi di aforisma, sono pensieri slegati fra loro, eppure la scrittura tende alla compiutezza. Carla scrive per sé, ma anche per essere letta, sebbene lentamente percepisca che ciò avverrà dopo la sua morte. Ancora nei primi mesi del 1942 la sorregge il nutrimento di una sonata di Franz Schubert eseguita al piano da Imre Ungar, musicista ungherese non vedente. O la mano che allunga verso il ramo di una mimosa per toccare “la vita che esitante comincia a gonfiarsi”. Fuori ululano le sirene, si scatena la contraerea, ma “ciò che prima si traduceva armoniosamente solo in un’immagine plastica di parole”, fossero la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach o una pagina di Dostoevskij, “ora smuove gli assi più profondi di noi stessi”.

I segni dello sterminio che avanza si moltiplicano. Sono l’arpa di Rosa Spier abbandonata sul palco, “un oggetto in attesa, che chiede di essere suonato”. Ma la musicista è stata appena licenziata dal Concertgebouw di Amsterdam, come tutti i suoi colleghi ebrei. Sono le parole del bambino che chiede alla nonna se i tavolini del bar sotto un ombrellone colorato sono vietati agli ebrei. Sono le sfilate di soldati tedeschi “scattanti nelle loro grigie uniformi, nell’orrenda regolarità meccanica del passo, del movimento delle braccia”. Ai quali Simons continua a opporre, sebbene rabbiosamente, la propria umanità: “Penso: io sono mille volte più libera. Nonostante la mia stella gialla”.

Ci sono però i signori Klein, che abitano al piano di sopra, e che sono preoccupati per le proprie cose, per la bicicletta che è sparita. Annota Carla Simons: “Ma tra le migliaia di persone che giacciono a marcire l’una sull’altra, chi andrebbe alla ricerca di quella che gli appartiene?”. Tutto sembra precipitare. “Un altro periodo di orrore, arresti, retate, follia, suicidi”. Dalle finestre si sente gridare: “Portano via gli ebrei”. “Ora ogni sera vedo quegli sfortunati partire, con la valigia e il fagotto, con un bambino per mano o in braccio” (settembre 1942). Eppure basta che Imre Ungar suoni l’Hammerklavier di Ludwig van Beethoven, per sentire su di sé “una tempesta primordiale”.

La deriva è inarrestabile. A dicembre “sono soprattutto i malati e i disabili a essere presi di mira”. Carla Simons sente di doversi preparare, che occorre “pensare al viaggio che potrebbe iniziare ogni giorno, non verso la Polonia, ma molto più lontano o forse più vicino”. “La fine dev’essere all’orizzonte: tutti i sintomi lo indicano”. Ma un barlume di quotidiana serenità ancora sopravvive: “L’aria è così mite oggi. Gli uccelli già iniziano a cantare”.

Il diario si chiude nel maggio 1943. L’ultima annotazione è dal Vangelo di Luca: “Ed Egli si separò da loro a circa un tiro di sasso, si inginocchiò e pregò, dicendo: ‘Padre, se vuoi, allontana da me questo calice, tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà’”.

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