Sfinge di Manhattan. Proposta per la costruzione di un centro di spettacolo e di studi audiovisivi, 1974. (Per gentile concessione Archivio Francesco Somaini)

“Carla non lo sapeva che alle case
ai palazzi periferici succede
Lo stesso che alle scene di teatro: s’innalzano, s’allargano
scompaiono, ma non si sa chi tira i fili o in ogni caso
non si vede: attraversando da un marciapiede all’altro sono bisce
le rotaie, s’attorcigliano ai tacchi delle scarpe
sfilano le calze all’improvviso – come la remora che in altomare ferma i bastimenti”

Elio Pagliarini, La ragazza Carla, 1962

Nella Ragazza Carla, poemetto di Elio Pagliarini, la Milano del boom economico è un organismo vivente, tentacolare, a volte soffocante che s’intreccia con la vita e le aspettative della giovane Carla, una dattilografa che vive con la madre vedova, la sorella e il marito di lei operaio, in un piccolo appartamento di via Ripamonti.

La Milano della Ragazza Carla è una città che cresce, che avviluppa, che inganna e che fa sentire soli in una folla: è la versione meno sognante e tenera della città di Marcovaldo, con i suoi miraggi al neon che sfarfallano nella nebbia.

Lo scultore lombardo Francesco Somaini (1926-2005), a cui Milano dedica una mostra diffusa tra Palazzo Reale, Museo del Novecento e Fondazione Somaini, aveva un’idea molto simile della sua città. Dopo aver esordito alla fine degli anni quaranta come scultore (il suo percorso è ben ricostruito nei lavori esposti a Palazzo Reale) su una vena inizialmente surrealista e poi sempre più materica e tendente all’informale, comincia ad aprirsi ad altre discipline, soprattutto l’architettura e l’urbanistica.

È il mito umanistico e rinascimentale dell’integrazione tra le arti che per Francesco Somaini “archiscultore” diventa un ripensamento immaginifico e radicale dello spazio della città. Il pensiero dell’artista va ben oltre alla scultura, ai suoi materiali e alla sua realizzazione ma investe tutto lo spazio circostante: le opere per lo spazio pubblico pensate da Somaini interagiscono pesantemente con il tessuto urbano e umano che le circondano.

A sinistra: Bagnante (II stadio), 1948-1949. A destra: Grande guerriero, 1953. (Per gentile concessione Archivio Francesco Somaini)

La scultura per Somaini è un gesto artistico e quindi, in una società capitalistica basata sulla razionalità del profitto, necessariamente sovversivo. L’opera, anche quando è commemorativa o monumentale, non deve essere graziosa o consolatoria, deve occupare lo spazio, definirlo, renderlo inutilizzabile da chi vorrebbe domarlo o monetizzarlo. L’arte non deve rendere facile la vita ai cittadini, deve creare ostacoli, inceppare i ritmi inarrestabili della città-fabbrica.

Una delle grandi preoccupazioni di Somaini, ed erano temi che affrontava con amici architetti come Ico Parisi e Luigi Caccia Dominioni, artisti come Lucio Fontana e scrittori come Giorgio Bassani, era quello del rapporto tra natura e città. Somaini non vedeva i parchi pubblici come ritagli di verde addomesticato ma immaginava, dentro alle città, zone di natura esuberante, incontrollata che, in una lotta quotidiana col cemento, reclamava i suoi spazi.

Nei progetti delle Spine verdi, immaginava cunei di vegetazione selvaggia che s’inserivano tra i palazzi, edifici-montagna che si ricoprivano di vegetazione e di rampicanti. La sua visone di “bosco verticale” era molto più radicale, libera (e difficilmente realizzabile nella pratica) di quella che vediamo oggi a Milano. In alcuni fotomontaggi del 1980 vediamo serpeggianti isole di verde che attraversano i quartieri e le case popolari squarciando idealmente qualunque piano regolatore o qualunque idea moderna o produttiva di città.

I fotomontaggi in mostra alla Fondazione Somaini in corso di Porta Vigentina mostrano un uso assolutamente personale di una tecnica nata dalle avanguardie storiche e affinata dalla pop art. Il fotomontaggio per Somaini diventa un modo per trasformare gli spazi urbani e immaginare un scultura talmente monumentale e immensa da mangiarsi, come Godzilla, l’intera città.

Nella Sfinge di Manhattan (1974) Somaini immagina un edificio-scultura che sembra il carapace di un qualche gigantesco organismo vivente modellato dal vento e dagli elementi. Un fossile affascinante e terribile incastrato tra i grattacieli di vetro di New York. In Farfalla della solitudine (1974) vede una scultura-legamento verticale, altissima, che unisce le due Torri Gemelle: è una vulva fatta di tessuto biologico pietrificato, qualcosa di vivente che connette l’acciaio e il metallo delle torri con la terra e con la natura.

Progetto per una sistemazione della piazza Duomo di Milano con una piazza a più piani per manifestazioni, 1970. (Per gentile concessione Archivio Francesco Somaini)

Tra i progetti che Somaini ha immaginato per Milano c’è un ingresso “infernale” della metropolitana in mezzo a piazza Duomo. Una sorta di Guggenheim al contrario, una scalinata a imbuto che dalle superficie scende, anello dopo anello, nelle viscere della città, come l’inferno di Dante.

Un’ossessione per il sottosuolo, per la vita segreta e ctonia delle città moderne si vede anche nella sua visione dei Navigli: Somaini immaginava le vie acquatiche sotterranee di Milano come un sistema venoso, pulsante, che scorreva sotto la pelle dell’asfalto e del cemento.

Anche per un un monumento a Mazzini, disegnato nel 1969, prevedeva una grande apertura a caverna, quasi la mascella di un mostruoso animale primordiale pietrificato milioni di anni prima.

Anche su tecniche diversissime come i cartoni per i mosaici (per uffici o condomini privati) la visione di Somaini del rapporto conflittuale tra natura e modernità, tra biologico e artificiale, appare nitida e senza compromessi. Il disegno del 1964 per l’atrio di un edificio in via Ippolito Nievo, per esempio, ricorda gli intrecci di spine e di rovi di certe crocifissioni di Graham Sutherland, mentre i disegni del 1958 per l’ingresso carrabile di un edificio in corso Italia liberano motivi astratti semicircolari che sembrano le correnti e i mulinelli di un fiume.

In un momento di grandi, pubblicizzate e spesso discutibili trasformazioni della città una mostra a Milano dedicata a una visione così radicale della scultura e degli spazi urbani non può che essere uno spunto di riflessione.

Somaini e Milano
Milano, Museo del Novecento, Palazzo Reale, Fondazione Francesco Somaini
Fino all’11 settembre 2022

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it