Campi coltivati in provincia di Viterbo. (Universal Images Group North America LLC / DeAgostini / Alamy)

La località agricola del Pascolaro è una bomba ecologica. Sotto quasi 150 ettari di terreno lungo la valle del Tevere, in provincia di Viterbo, sono sepolte circa 20mila tonnellate di rifiuti speciali.

È la più vasta area inquinata del Lazio, la terza in Italia, e si trova nel comune di Graffignano, un piccolo paese con poco più di duemila abitanti. Per questo il governo l’ha inserita nell’elenco dei siti da bonificare, tra cui spartire i 500 milioni previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

La storia del Pascolaro ha inizio nel 2006, quando una cava di proprietà dei fratelli Paolo, Roberto e Luciano Nocchi finisce al centro delle indagini della guardia forestale. L’anno seguente il terreno viene sequestrato per smaltimento illecito dei rifiuti: secondo le ricostruzioni dei Nuclei investigativi provinciali di polizia ambientale e forestale (Nipaf), in quel periodo i rifiuti vengono interrati nell’area invece di essere correttamente smaltiti alla Manufatti centro Italia di Alviano, in provincia di Terni.

La conferma arriva poi da una relazione dell’Arpa (l’agenzia regionale per la protezione ambientale) di Viterbo: il documento rivela la presenza nel suolo di sostanze inquinanti come metalli pesanti, Pcb (policlorobifenili) e idrocarburi.

Tutto sembrava indicare un pericolo concreto fin dall’inizio, ma gli anni sono passati nel silenzio di residenti e istituzioni. Tanto che fino al 2018 accanto ai terreni contaminati si è continuato a coltivare il grano.

Scegliere tra due diritti

Ogni giorno in provincia di Viterbo viene diagnosticato il cancro a circa sei persone. Nessuno, o quasi, ha mai collegato la vicenda del Pascolaro all’alta incidenza di tumori, anche se secondo un rapporto del 2020 dell’Asl di Viterbo “un uomo su tre e una donna su quattro andranno incontro nella loro vita a una diagnosi di tumore maligno”.

In un comune con così pochi abitanti non è facile trovare qualcuno senza almeno un amico o un parente che ha lavorato nella cava del paese. Persone che preferiscono non parlare per evitare di perdere il lavoro, costrette a scegliere tra due diritti fondamentali: quello al lavoro e quello alla salute.

Tra i pochi a tenere accesa l’attenzione sulla vicenda ci sono sei cittadini – Simone Barbetta, Diego De Doni, Andrea Gubbiotti, Tiziano Materazzo, Erika Merlone e Daniele Rufini – che nel 2008 hanno perso un amico che lavorava nella cava a causa di un linfoma non-Hodgkin.

“C’è un silenzio assordante sui temi ambientali, anche se in questa zona è pieno di leucemie e tumori”, racconta Barbetta. E il pericolo potrebbe non riguardare solo abitanti e lavoratori di Graffignano: “Il Tevere ogni tanto esonda e i rifiuti accumulati finiscono nel fiume. Da qui a Ostia ci sono decine di chilometri di aziende agricole che usano quell’acqua”, fa notare Gubbiotti.

Come se non bastasse di recente la società che deve smantellare gli impianti nucleari italiani (Sogin) ha indicato Corchiano, a poche decine di chilometri da Graffignano, come luogo idoneo a ospitare un deposito nazionale di rifiuti radioattivi.

Negli ultimi 15 anni i vertici delle istituzioni locali sono cambiati e il processo penale contro i fratelli Nocchi si è prescritto, ma non il procedimento civile. C’è un’ordinanza con cui la provincia di Viterbo chiede agli imprenditori Paolo e Roberto Nocchi e al loro legale di “adottare i necessari interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale nei siti ubicati nel comune di Graffignano”.

Una bonifica necessaria

Nel 2017 la regione Lazio ha finanziato con 585mila euro un’analisi dei livelli di contaminazione del suolo e delle acque a Pascolaro, Casettone e Bivio del pellegrino, resa pubblica solo nel 2020. Dalla relazione emerge che “a oggi una contaminazione c’è e va gestita”, spiega l’ingegnere Pier Luigi Gianforte. L’Arpa e la provincia di Viterbo, tuttavia, hanno richiesto ulteriori indagini.

In Italia ci sono centinaia di casi simili: il ministero della transizione ecologica ha individuato 269 aree potenzialmente contaminate. Finché la regione Lazio non deciderà come dividere le risorse del Pnrr sul territorio, non si sa quanto avrà a disposizione il Pascolaro per effettuare la bonifica.

Nell’attesa tutto tace nel comune di Graffignano, aprire l’argomento in paese resta una questione molto delicata.

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