“Di mattina ci facevano stipare il furgone al massimo, tanto che quasi toccava a terra dal peso, e finché non avevamo consegnato tutto continuavamo a lavorare. Avevamo i tempi risicatissimi: alcune camere da letto dovevamo montarle in un’ora e mezza, per un tavolo abbastanza complesso ci davano 15 minuti, anche se il produttore nelle istruzioni aveva scritto che ne servivano 90. Spesso dovevamo portare ai piani alti mobili che non entravano in ascensore, ma il tempo per salire a piedi o per sballare la merce non era mai considerato”.

A raccontare la sua esperienza è Peter (nome di fantasia), romeno, ex facchino del magazzino di Mondo Convenienza di Calderara di Reno, alla periferia di Bologna. Turni dalle 12 alle 14 ore al giorno, a volte anche la domenica, senza pausa pranzo. Trasporto di mobili pesanti anche 120 chili. Straordinari, ferie e riposi non retribuiti. E chi protestava veniva minacciato di licenziamento. Erano le condizioni di alcuni facchini di Mondo Convenienza, assunti attraverso cooperative che lavoravano per la catena di grande distribuzione di mobili e arredo.

A denunciare il sistema sono stati 18 lavoratori del magazzino di Calderara di Reno, un italiano, gli altri romeni. Licenziati, uno dopo l’altro, dopo le proteste e gli scioperi del 2017. La procura di Bologna ha aperto un’inchiesta che oggi vede 21 persone indagate per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Nel frattempo a Ivrea è in corso un’indagine per estorsione, maltrattamenti, caporalato e discriminazione razziale, dopo che otto lavoratori del magazzino di Settimo Torinese hanno sporto denuncia.

A Calderara la giornata tipo di un facchino di Mondo Convenienza cominciava alle sette del mattino: si iniziava caricando i pacchi sul furgone. A volte capitava di guidare anche molto tempo prima di arrivare dal cliente: il magazzino serve infatti tutta l’Emilia-Romagna, fino a Piacenza. Una volta lì, i mobili venivano scaricati, trasportati a mano e poi montati: se per sbaglio i lavoratori graffiavano la merce o facevano qualche danno, dovevano pagare di tasca propria. Lo stesso valeva quando venivano fermati dai vigili perché il furgone era sovraccarico: la multa era addebitata al conducente e gli venivano tolti i punti dalla patente. Una volta finito di montare, si ripartiva e si andava da un altro cliente. E così via. “In sei anni, le giornate in cui ho lavorato meno di 12 ore si contano sulle dita di una mano”, dice Peter. “Ogni tanto ci mandavano in altri depositi fuori regione come equipaggio sostitutivo: Rimini, Verona, Firenze… Dovevamo essere là verso le 6.30 di mattina, così partivamo da Bologna di notte per arrivare in tempo, e tornavamo la sera tardi. Lavoravamo anche il sabato e la domenica, altrimenti venivamo pagati di meno”.

Lavoravamo come animali. Montavamo anche tre cucine in un giorno, caricando mobili pesantissimi a spalla.

Tra i facchini di Mondo Convenienza c’è anche chi è venuto apposta in Italia per fare questo lavoro, come Sebastian (nome di fantasia), originario di Suceava, città romena al confine con l’Ucraina: “Avevo poco più di vent’anni quando sono arrivato: mi aspettavo una situazione molto diversa da quella che ho trovato”, racconta. “Ho cominciato nel magazzino di Frosinone, poi sono stato a Brescia, e alla fine sono arrivato a Bologna. Il trattamento era uguale dappertutto: lavoravamo come animali. Abbiamo montato anche tre cucine in un giorno, caricando i mobili e gli elettrodomestici in spalla. Una volta ho dovuto portare al settimo piano una colonna del forno sulla schiena, ma arrivato al sesto ho visto le stelle. Mi sono fermato, la signora è scesa ad aiutarmi e mi ha preparato da mangiare. È bastato quel gesto per farmi passare la rabbia e la tristezza”.

Fare leva sulla paura

Per incentivare le persone a lavorare di più senza lamentarsi, i responsabili facevano leva sulla paura: “Ci ripetevano sempre: ’Ragazzi, fuori da questi cancelli non c’è niente per voi’”, ricorda Sebastian. “Ti facevano credere che non avresti più trovato un lavoro come quello. Sapevano come convincerti. Ho lavorato anche 72 giorni di fila senza riposo: ero talmente stanco che non riuscivo neanche a dormire bene”.

La storia della Mondo Convenienza Holdings Spa comincia nel 1985, quando Giovan Battista Carosi fonda l’azienda, che dal Lazio si allarga alla Toscana e all’Abruzzo, fino ad arrivare in Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna. Nel 2019 inaugura la prima filiale anche in Spagna.

Oggi Mondo Convenienza opera nei vari punti vendita attraverso le sue società Il Tulipano Mobili srl e Iris Mobili srl, che a sua volta ha incorporato altre aziende del gruppo, come la Fiordaliso Mobili srl, La Primula Mobili srl e La Rosa srl. Queste società assumono direttamente il personale dei punti vendita, ma danno in appalto i servizi di consegna e montaggio.

“C’è un sistematico utilizzo da parte di Mondo Convenienza di cooperative in appalto che aprono e chiudono nel giro di poco tempo: non applicano i contratti nazionali, evadono inps e fisco attraverso l’indennità di trasferta nelle buste paga, e reiterano comportamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori sindacalizzati”, spiega Carlo Parente della Filt Cgil di Bologna, che ha supportato i facchini di Calderara di Reno nelle loro rivendicazioni. “I lavoratori venivano inquadrati come soci, ma in realtà non avevano alcun diritto di partecipazione alle decisioni. Il 28 gennaio del 2017 abbiamo fatto il primo sciopero: ci hanno denunciati tutti per violenza privata, perché avevamo bloccato i camion. La denuncia è stata poi ritirata, ma quel gesto è stato emblematico dell’approccio aggressivo dell’azienda”.

I facchini lavorano dodici ore al giorno, trasportano mobili pesanti anche per dieci piani, senza pausa pranzo, facendo la pipì nelle bottigliette di plastica dentro al furgone per non perdere tempo

A seguito dello sciopero, nelle buste paga tutti gli elementi esentasse spariscono, e il compenso cala drasticamente. “Siamo passati da guadagnare in media 1.700 euro al mese, compresi rimborsi e indennità di trasferta, a 1.200”, ricorda Peter. “È stata dura: non riuscivo più a pagare l’affitto, mia moglie si è dovuta trovare un lavoro. Facevamo i turni per stare con il bambino”.

Nel piazzale del magazzino si presentavano soggetti non bene identificati che minacciavano i lavoratori, dicendo che se avessero voluto più soldi glieli avrebbero dati, purché abbandonassero il sindacato. E poi c’erano i facchini di altre città, che arrivavano da lontano con i loro camion per non fermare le consegne nonostante gli scioperi. “Ci attaccavano, ci spintonavano, volevano che rispondessimo alle loro provocazioni”, dice Peter, che al tempo era diventato delegato sindacale. “Noi non abbiamo mai reagito: abbiamo chiamato la polizia e le cose si sono tranquillizzate”.

Scioperi e proteste vanno avanti per quattro mesi. Ad aprile 2017 viene aperta la pagina Facebook “Mondo sofferenza”, che lancia la campagna “Qual è il prezzo della convenienza?”, attraverso cui vengono raccolte testimonianze ed esperienze di dipendenti ed ex lavoratori sfruttati. Da Bologna le rivendicazioni si allargano ad altre città: Verona, Brescia, Milano, Genova, Rimini. Fino ad arrivare a Civitavecchia e a Roma, dove Mondo Convenienza ha la sua sede centrale.

“Il sistema è lo stesso ovunque”, dice Alessandro Antonelli, che nel 2017 era il segretario regionale della Filt Cgil in Lazio. “Alcuni lavoratori erano stati contattati mentre erano ancora in Romania e all’inizio erano grati per quel lavoro che aveva permesso loro di venire in Italia. Poi avevano capito che il sistema era malato: quando hanno scioperato, alcuni sono stati licenziati, altri hanno subìto intimidazioni e sono tornati al lavoro a condizione di abbandonare il sindacato”.

Una catena di soprusi

A Bologna intanto si tengono vari tavoli tra la società e i lavoratori, che però si concludono con un nulla di fatto. Nel 2018 la cooperativa che gestiva l’appalto di Calderara di Reno, la Bird Logistic, dichiara che la sua attività non è più sostenibile e a essa subentra un’altra cooperativa, la Decor Express. “È stato un modo per chiudere i contenziosi aperti e licenziare i lavoratori scomodi”, afferma Susanna Sandri della Filt Cgil Bologna, che si è occupata della vicenda. “Il cambio appalto è servito anche per modificare l’inquadramento dei lavoratori in senso peggiorativo, sostituendo il contratto del trasporto merce e della logistica con un contratto multiservizi per le pulizie, che costa molto meno all’azienda”.

Molti lavoratori hanno fatto ricorso e hanno vinto alcune cause civili per differenza di retribuzione, sottoinquadramento, lavoro straordinario non retribuito, trasferta e indennità di cassa non riconosciuta, licenziamento illegittimo. In un caso è stato riconosciuto anche il danno alla salute: è successo a Miron (il nome è di fantasia), che ha lavorato per Mondo Convenienza dal 2008 e che ha ottenuto un risarcimento di più di 30mila euro per due infortuni. “Ero per le scale e stavo portando un divano che pesava più di 100 chili. Il braccio ha ceduto e ho sentito una fitta: in ospedale mi hanno detto che si era rotta una parte del bicipite. Adesso in un braccio mi sembra di avere una mela”.

Miron all’inizio era un semplice operaio, poi è stato promosso a “padroncino”. “Era così che mi chiamavano”, racconta. “Mi hanno proposto una rata di 900 euro al mese per diventare proprietario del furgone che usavo, e io ho accettato: ho pagato per cinque anni, ho fatto revisioni, tagliandi e manutenzioni. Ma poi ci hanno assunto come dipendenti e hanno comprato una nuova flotta. I soldi non me li hanno mai restituiti”. Oltre la fatica, il lavoro comportava anche un grande stress: “Alcuni clienti dovevano pagare alla consegna: se c’erano problemi l’azienda tratteneva l’importo dal nostro stipendio”, dice Miron. “A volte mi davano assegni scoperti, un giorno un cliente mi ha buttato fuori di casa senza darmi i soldi, minacciandomi con lo spray al peperoncino: l’ho pagato io il suo divano”.

La causa di Miron si è conclusa solo il 15 marzo di quest’anno. “Sono processi molto lunghi, che non sempre arrivano alla fine”, dice l’avvocata Stefania Mangione dello Studio legale associato, che a Bologna si è occupata di alcuni contenziosi. “Dopo che dei lavoratori hanno presentato ricorso, la cooperativa Bird Logistic è stata cancellata dal registro delle imprese, e lo stesso è avvenuto poi con la Decor Express. I processi si sono interrotti: in alcuni casi dopo mesi sono ripartiti, in altri le imputazioni sono decadute e nessuno ha più risposto dei danni”.

La vicenda sembrava essersi chiusa, e invece a marzo 2021 partono nuove proteste nei magazzini di Settimo Torinese, a nord di Torino, seguite a maggio da quelle di San Giuliano Milanese e Gorgonzola, nell’area metropolitana di Milano. “Il ritornello è sempre lo stesso: i facchini lavorano dodici ore al giorno, trasportano mobili pesanti anche per dieci piani, senza pausa pranzo, facendo la pipì nelle bottigliette di plastica dentro al furgone per non perdere tempo”, spiega Emanuele Barosselli, segretario della Filt Cigl Lombardia. “Ho conosciuto un ragazzo di 30 anni che ha già tre ernie al disco”.

Anche in questo caso la cooperativa in questione, la Tsl Service, applicava il contratto delle pulizie invece che quello della logistica. E anche stavolta, i lavoratori che scioperavano hanno subìto intimidazioni, e si è ripetuto lo stesso schema del cambio di appalto, da Tsl a Operation srl.

Intimidazioni e minacce

“Il modus operandi è sempre lo stesso”, commenta Barosselli. “È meglio pagare qualche migliaio di euro ai lavoratori che vincono le cause in tribunale, piuttosto che cambiare il sistema: se venissero davvero rispettati i diritti dei lavoratori, Mondo Convenienza non sarebbe più così conveniente. La cosa assurda è che, dopo anni di denunce, inchieste, multe, processi vinti, le cose non sono migliorate”.

Un punto di svolta potrebbe essere proprio l’inchiesta penale della procura di Bologna: tra i 21 indagati per reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro c’è anche Mara Cozzolino, presidente di Mondo Convenienza Holding spa e moglie del fondatore Carosi, oltre a Gianfranco Stefanoni, rappresentante della Iris Mobili, Jorge David Quesada, l’allora responsabile della sede di Calderara della Bird Logistic, e Andrea Bernardi, anche lui ex responsabile della cooperativa.

L’azienda ha fatto sapere all’Essenziale che “il procedimento riguarda esclusivamente due referenti di società del gruppo Mondo Convenienza, cui i fatti sono contestati nella loro qualità di committenti, e non direttamente quali datori di lavoro delle persone offese. I restanti diciannove indagati appartengono alle cooperative appaltatrici. Si tratta della primissima fase procedimentale e, dunque, i soggetti coinvolti, insieme al difensore nominato, avranno il tempo ed il modo di chiarire le proprie posizioni”.

Parallelamente, anche a Ivrea il sostituto procuratore Alessandro Gallo ha ipotizzato i reati di estorsione, maltrattamenti, caporalato e anche discriminazione razziale, partendo da una serie di denunce dei lavoratori del magazzino di Settimo Torinese. Tre persone sono indagate. Il caso è finito così in parlamento, dove è stata fatta un’interrogazione proprio sulle condizioni di lavoro dei facchini di Mondo Convenienza.

Ad aprile del 2021, il ministero del lavoro ha riferito che l’ispettorato del lavoro aveva avviato accertamenti e che nei confronti di Mondo Convenienza risultano già diversi controlli negli anni scorsi. Nel testo, si legge che “le problematiche evidenziate sono connesse al fenomeno delle cosiddette ’cooperative spurie’ e all’utilizzo di contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali meno rappresentative: tali situazioni spesso determinano il diffondersi di pratiche elusive e una competizione fondata sul ribasso della retribuzione e degli altri istituti contrattuali”. Le cooperative spurie sono sostanzialmente società di comodo che attraverso diversi escamotage raggirano il fisco, non rispettano i diritti del lavoro e offrono manodopera a prezzi molto bassi. Spesso falliscono in breve tempo, così da non dover rispondere delle loro azioni.

Mentre le istituzioni lentamente iniziano a muoversi, c’è ancora chi aspetta giustizia. Sebastian, che uno di quelli che si sono rivolti alla procura di Bologna, oggi ha problemi alla schiena e alle ginocchia e non può più fare lavori pesanti, ma non gli è mai stato riconosciuto alcun risarcimento. “Pensa che ancora sto pagando una multa che ho preso quando lavoravo per ’Mondo Sofferenza’, come li chiamo io”, ride ironico.

“Oltre il danno la beffa: i vigili mi avevano fermato perché il furgone era troppo carico e mancavano alcuni documenti. Il mio responsabile mi aveva detto che ci avrebbe pensato lui, ma non lo ha fatto: anni dopo mi sono accorto che la multa era arrivata a 1.500 euro. Sto ancora pagando le ultime rate”. Oggi, quando vede i facchini che portano i mobili sulla schiena, Sebastian si chiede come sia possibile che nel 2022 succedano ancora queste cose. “Perché lo fanno?, mi domando. Poi mi ricordo di quando ero ragazzo. Anche io mi sono umiliato, ho perso tanto tempo e ho rovinato la mia salute. Tutto perché pensavo di non avere alternativa”.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it