L’esordio di Maria Sole Ferrieri Caputi, prima arbitra a dirigere una partita – quella del 2 ottobre tra Sassuolo e Salernitana – nella serie A maschile di calcio è andato bene. C’è però ancora da lavorare affinché la presenza di una donna in quel ruolo possa apparire sempre meno come un esperimento e sempre più come la normalità, fino a quando la presenza di un’arbitra in serie A smetterà di essere una notizia. Un po’ incerto è stato invece chi quel debutto lo ha raccontato sui mezzi d’informazione.

Nel resoconto del giorno dopo, ci sono state molte indecisioni, a partire dal come declinare quella parola. Arbitro? Arbitra? Entrambe le versioni? Qualcuno ha anche scritto: “Arbitro donna”. E colpisce anche il fatto che nei tabellini sui quali sono indicati i voti assegnati ai vari ruoli alla fine della partita, quello dell’arbitro sia stato per lo più declinato appunto al maschile, anche se accompagnava il nome di una donna.

Diversi commenti critici ha provocato sui social network un articolo uscito sull’edizione online di Repubblica, per il modo in cui faceva riferimento alla questione dell’uso di asterischi e schwa. Questo il passaggio criticato: “Maria Sole Ferrieri Caputi ha arbitrato senza schwa e senza asterischi, senza imbarazzi e senza pregiudizi. Ha lavorato bene, è da anni che le va così”.

L’articolo è poi finito in pagina sull’edizione cartacea in questa versione: “Il primo arbitro in serie A della storia (arbitr@?, arbitr*?) è stato guardato (guardata) da decine di migliaia di occhi maschili e nessuno le ha gridato ‘vai a fare i letti’, ‘datti al pattinaggio’, nessuno le ha mancato di rispetto e lei si è presa tutto il rispetto che non è mancato”.

Non è andata meglio su un altro fronte. Maria Sole Ferrieri Caputi per molti giornali è Maria Sole: così, senza cognome. “Iniziata l’era Maria Sole”, ha titolato per esempio il Corriere della Sera. “Maria Sole, emozioni e rigori: ok la prima”, è il titolo del Messaggero. “Ma che brava è Maria Sole”, ha scritto il Mattino. “Sassuolo show, cinque raggi di Maria Sole”, ha scritto infine il Resto del Carlino.

Decisamente più corretto il titolo della Gazzetta dello Sport: “Ferrieri Caputi ‘prima’ felice ‘Sognavo questo giorno da 16 anni’”. Bene anche il Giornale che titola: “Fiscale ma non si nota. L’arbitra che fa la storia si perde solo il giallo”. Ma poi nel sommario scrive “della Ferrieri Caputi”, invece di “Ferrieri Caputi”, come si dovrebbe. Ma questa abitudine a dire il vero ricorre in modo diffuso un po’ ovunque, nell’informazione parlata e in quella scritta.

Sono solo alcuni esempi. Altri se ne potrebbero fare ma non sarebbe utile: più che i singoli casi a essere interessante è invece una mentalità diffusa che in certi aspetti, come quelli relativi all’uso della lingua, resiste anche di fronte alla forza della cronaca. Ma intanto un altro spazio si è aperto. Non solo per le donne che vogliano intraprendere quella carriera. Si è allargato uno spazio simbolico, poiché da domenica 2 ottobre questo dibattito si è installato in un terreno finora riservato ai maschi e presidiato come pochi altri: il calcio.

“Risolvetela voi. Per me non fa differenza”, ha risposto Maria Sole Ferrieri Caputi intervenendo come ospite alla trasmissione della Rai La domenica sportiva, al giornalista che le aveva chiesto: “Arbitro o arbitra? Risolviamo subito la quesitone linguistica”. È intervenuta allora Carolina Morace, allenatrice ed ex calciatrice tra le più importanti e apprezzate in Italia, per dire che i linguisti direbbero “arbitra”, e che forse adesso “arbitra” non suona bene ma ci si abituerà. Ed è giusto così.

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